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Una riflessione sulla maternità

Come certamente saprete (anche per colpa mia e delle varie promozioni spuntate in queste settimane), oggi è la festa della mamma; una ricorrenza che ogni anno, frivolezze e mazzi di fiori a parte, fa nascere dibattiti e riflessioni. E così, complice forse la vecchiaia che avanza, ho deciso di dirvi anch'io la mia. Io non sono una mamma, ma sono una figlia, e da questo ruolo, a 30 anni suonati, ho avuto modo di imparare tanto.



La scelta di mettere al mondo un altro essere umano è molto importante: significa, in primis, decidere di essere responsabili per un’altra vita, oltre che per la propria. Guardandosi attorno però, è tutt’altro che raro incontrare donne e ragazze che decidono di fare questa scelta senza averci pensato realmente su, perlomeno apparentemente.

Le motivazioni in questi casi paiono un copia-incolla di principi ed esperienze altrui, ora della nonna, ora della mamma o dell'amica. Quella tal parente alla nostra età aveva già un pargolo, quell’altra due splendidi gemelli… messa così, sembra proprio che – "a un certo punto" – si debba essere madri per essere considerate donne "adulte", e buonanotte al secchio. Una visione così influenzata dagli stereotipi fa sembrare la genitorialità qualcosa di non molto distante dal cambiare taglio di capelli o comprare un pesce rosso, e certi altri argomenti che spesso ho sentito, come la voglia di provare la gravidanza o la paura di invecchiare da sole, non abbelliscono il quadro.


Credo che il punto d’inizio debba essere se stesse, con pregi, difetti, certezze e insicurezze. Non si tratta quindi di essere perfette, né di avere posizioni granitiche (anzi!), ma "solo" di riflettere e capire se si desidera davvero essere mamme perché si sente intimamente quel ruolo.


Ci sono madri che non si sono mai soffermate a pensare a ciò che vogliono o in cosa credono, che non si interessano del Paese in cui vivono e dei problemi che lo affliggono (salvo poi lamentarsi di qualsiasi cosa non funzioni…), e che, nonostante questo, non si pongono minimamente il problema di essere "guide" per i loro figli. Ragazze che dicono di andare pazze per i bambini e che non immaginano una vita senza di loro, ma che poi vedi imbracciare un lanciafiamme appena ne sentono uno piangere o giocare a miglia di distanza!


Diventare genitori dev’essere una scelta, non un obbligo decretato dai chiacchiericci dei conoscenti, dalle frecciatine dei familiari o dalle aspettative dei partner. Non si deve dimostrare "qualcosa", ma fare una cosa che ci inorgoglisce e ci riempie il cuore di gioia, perché si ha voglia di prendersi cura di un'altra persona e di renderla felice, trasmettendogli quello che si ha dentro. Allora il mondo sarà un pizzico più bello.

In caso contrario, purtroppo, la frustrazione sarà sempre dietro l’angolo, ed è a doppio taglio: colpisce se stesse e i figli, che vengono colpevolizzati per qualsiasi sciocchezza e usati come mezzo per ottenere rispetto e amore. Si vedono spesso, troppo spesso, genitori che trattano male i loro bambini, che li deridono, che ne sminuiscono le passioni, con l'unica giustificazione che «tanto non capiscono una mazza perché sono piccoli».


Se si accettasse che ci sono anche donne che non se la sentono di essere madri, che non c’è niente che non vada in loro, niente di sbagliato o di minor valore, ci sarebbe un po' meno frustrazione in giro. Scegliere di non essere dei genitori è una decisione che è importante e legittima come qualsiasi altra. Nessuna persona dovrebbe essere costretta a essere ciò che non vuole, nessuna dovrebbe sentirsi in colpa perché non rispecchia le volontà altrui.


Voglio chiudere questa riflessione con i miei auguri sinceri a tutte voi, mamme, che state leggendo questo post. Vi auguro di cuore di essere delle madri responsabili, di insegnare ai vostri figli ad AMARSI e accettarsi per come sono prima di ogni altra cosa. Di trasmettergli il rispetto per gli altri, e per la diversità e la tolleranza che ciò comporta. Di essere maestre imparziali in grado di rispondere a ogni domanda (banale o scomoda che sia) con dei contenuti, e non con un "perché è così".

Vi auguro di avere la forza e la fermezza per lasciarli liberi di scegliere in cosa credere, e incoraggiarli a ritagliarsi la propria felicità, anche se vorrà dire che debbano seguire sogni che possono sembrare assurdi: quei sogni fanno parte di loro, e con essi devono confrontarsi e sbagliare. Fateli sentire sicuri di avervi sempre al loro fianco.

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