Carissimi,
quest'oggi vi mostro le foto che ho scattato alle opere create dall'artista italo-iraniana Mehri Hajiaghazadeh.
Il suo amore per l'arte l'accompagna da quasi tutta la vita, fin da quando frequentava da ragazza l'università in Iran, un contesto dove le fu possibile avvicinarsi alla pittura e scultura moderne e contemporanee. Cita Bahman Mohasses, Pier Paolo Pasolini e Abbas Kiarostami come i propri punti di riferimento.
Ci sono voluti quasi 9 anni perché la materia prima di queste opere, delle ossa di animale, acquisissero un senso nella sua mente. Un lasso di tempo in cui esse sono state scelte, pulite e riposte in un angolo, pronte per essere saggiate con le dite, osservate controluce in ogni piega e anfratto. Come accade a molti artisti, il processo creativo non ha perciò avuto inizialmente una vera e propria progettualità, ma era solo ispirato dall'alone di dolore che pareva permeare questi tessuti.
A un certo punto, Mehri è riuscita a capire il senso di quelle ossa accumulate, e quel dolore che vi scorgeva è stato collegato alla sofferenza che tutte le donne sono costrette a vivere in un mondo ancora così profondamente sessista, ostaggio dei pregiudizi misogini delle istituzioni religiose. Le notizie che le giungevano alle orecchie confermavano tristemente ogni giorno questa realtà, e la rottura della routine causata dal primo lockdown le ha dato il tempo necessario per mettere mano al progetto.
È evidentemente qualcosa di diverso rispetto agli shooting che sono solita fare, ma non per questo mi ha appassionata di meno, tutt'altro. Dopo un'iniziale titubanza dovuta al fatto di trovarmi in un territorio poco esplorato, ho scoperto un coinvolgimento emotivo molto forte, e la mostra mi ha trasmesso un grande senso di urgenza e drammaticità.
Per informazioni sulle opere potete scrivere ad artedove@gmail.com
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